Storia

Nel 1638, due terremoti violentissimi distrussero e danneggiarono fortemente diversi paesi delle Calabria Citra. Subito dopo il terremoto del sabato delle Palme, addì 27 marzo 1638, molti oriundi si diressero alla ricerca di nuovi siti, fra questi, molti erano originari del paese di Carpanzano, i quali mossero alla volta delle fertili terre di Umbriatico, al fine di lasciare dietro di sé la morte e la disperazione causate dalla immane catastrofe naturale e trovare finalmente un luogo tranquillo per insediarvisi stabilmente. Gli oriundi di Carpanzano vissero tranquillamente per un pò di tempo nella fertile contrada denominata Pelleca di Umbriatico; secondo alcuni l’origine storica di tale insediamento è assicurato dal fatto, che ancora oggi esistono, ruderi di abitazioni che servirono molto probabilmente ai “Casalini di Pelleca”.


“Tra i feriti e morti del terremoto del marzo del 1638, in Rogliano, - ce lo dice il Recupito- troviamo un nipote ed altri parenti di Antoniio Ricciulli, vescovo di Umbriatico, poi arcivescovo di Cosenza. Si affaccia l’ipotesi che sia stato quel vescovo, casalese anche lui, ad accogliere e trattenere, sulle prime, a Pelleca, territorio della sua Diocesi, gli infelici profughi.” Gli oriundi di Carpanzano però, lasciarono ben presto la fertile contrada del loro primo insediamento; i motivi di ciò non sono del tutto noti, sembra doversi ritenere che i Casalini di Pelleca, essendo abbastanza numerosi furono mal tollerati dagli abitanti di Umbriatico. Infatti ”Questi, nel sorgere di un casale a loro così vicino, vedevano una minaccia ai loro interessi. Il furto delle pecore se vi fu servì da pretesto. Essi si rivolsero perciò al Signore del luogo, che, accogliendo le lamentele, disponeva la sistemazione degli ospiti, non desiderati, in altro sito dei suoi vastissimi feudi. Evidentemente, in seguito alla vivace reazione dei suoi fedeli, nemmeno Monsignor Ricciulli poté nulla e dové abbandonare i profughi al loro destino”.


Fu l’Amministratore del Principe di Cariati che trasferì un gruppo di Casalesi di Pelleca in territorio di Verzino e precisamente nel fondo Scalzaporri, ove esisteva già un piccolo borgo, che fu appositamente ingrandito per accogliere i profughi. Il resto dei Casalesi di Pelleca “accolse l’invito del Duca di Crosia”, fissando la loro dimora, dove è il sito dell’attuale Mandatoriccio. “Intanto la terra, a Carpanzano e nella vicina Scigliano, continuava a tremare. Al primo terremoto del 27 marzo seguirono molte altre scosse di minore intensità; l’8 giugno si verificò un secondo terremoto, violento quanto il primo. Al richiamo dei conterranei, attratta dalle buone condizioni offerte dall’Amministratore del Feudo, con la prospettiva di potersi validamente inserire nell’agro verzinese, una delle ore sciglianesi si mosse e raggiunse i compagni di sventura”. E’ da ritenere, a tal punto, che gli sciglianesi non abbiano partecipato all’occupazione di Pelleca, ma che si siano mossi solo successivamente con la seconda ondata di profughi, in seguito alle scosse di terremoto dell’8 giugno. Tuttavia tra i fondatori di Savelli ci furono certamente profughi di Carpanzano, ma anche di Scigliano, poiché è certo che fra queste popolazioni oriunde si dovette creare un legame particolarmente forte. L’insediamento originario di Savelli fu la parte più a monte della contrada Scalzaporri, ove i profughi carpanzanesi e sciglianesi si insediarono, all’ombra del grande bosco di Cropisia, considerato un ottimo rifugio in caso di emergenza. Il nuovo sito fu chiamato Savelli dal Casato della nobilissima Signora, donna Carlotta Savelli, figlia di Paolo Savelli, Principe di Albano, che si era particolarmente interessata alla sventura dei profughi.


Gli abitanti di Savelli e quelli di Mandatoriccio sono dunque legati da una comune storia che ha origine drammatiche, gli stretti vincoli, non solo spirituali ma anche di sangue, con “i parenti” di Mandatoriccio, sono sempre apparsi forti, vivificati forse nella memoria passata e presente da quella comune origine che li richiama ancora oggi ad uno spirito di fratellanza, ad un comune sentire che si conserva nei cognomi, nei nomi di alcuni rioni, e ad un senso di accoglienza e di ospitalità dei due paesi veramente singolari.

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